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Monthly Archives: June 2008

Il Gay Pride nazionale è stato una festa strepitosa. Si respirava libertà, la gioia di esserci, di essere se stessi, di mostrarsi e di festeggiare era palpabile. C’erano tutti.

C’erano le ovvie delegazioni Arcigay, e c’era l’Unione Atei Agnostici e Razionalisti (loro un po’ più agguerriti che gioiosi, ma dev’essere una questione di carattere). C’era il movimento studentesco universitario e quello per l’identità transessuale, le famiglie arcobaleno sul trenino e i centri sociali di Bologna. C’era persino un carro buddhista con un enorme fiore di loto. C’era il carro goa gay. Quello fetish. C’erano i carri lustrini-e-paillettes e c’era la Lesbicamionetta delle “Lesbiche femministe autodeterminate antifasciste antirazziste”. C’erano le drag queen e le “amiche etero”, abiti fantasiosi e petti nudi, persone qualsiasi, giovani e meno giovani, qualche metallaro – forse sbandato dal Gods of Metal, spettatori che si godevano la vista dai balconi – regolarmente acclamati, con particolare riguardo alle “nonne”.

C’erano cartelli seri (“Vogliamo un lavoro diurno”) e cartelli buffi (“Dio mi ha fatto a sua immagine e somiglianza, e lui non sbaglia!”), carri ricercati e carri arrangiati, bandiere arcobaleno e bandiere rosse con falce e martello… c’erano veramente tutti, e tutti si divertivano un mondo.

E sì, c’ero anche io. Per due motivi: uno personale, istintivo, estetico; e uno sociale, razionale, etico.

Il motivo personale è che da sempre subisco il fascino dell’ambiguità, dell’indeterminatezza – e dell’autodeterminazione. Dell’androginia, non solo e non tanto come unione degli opposti, ma come incarnazione di un ideale, quello secondo cui un altro mondo è possibile.

Possiamo forgiare noi stessi a nostra immagine e somiglianza, possiamo scegliere una strada che non era stata prevista, possiamo costruire nuove strade dove nessuno le ha tracciate – o in quei luoghi controversi dove l’umanità continua ad aprire e murare strade un secolo dopo l’altro. Chi vive un’identità e una sessualità diverse da quelle predefinite ha ai miei occhi tutto il fascino di un’opera d’arte, realizzata e mostrata istante per istante nella propria vita.

Ecco, il mio motivo estetico – sciocco, superficiale e personale – è un po’ questo, e spero che il ragazzo nella foto non me ne voglia per averlo preso a simbolo di tutto ciò.

E’ anche per dare il mio piccolissimo contributo a rendere più agevolmente praticabili queste nuove strade che ho camminato per tutto il percorso del Pride – diversi chilometri e 6 ore abbondanti di musica striscioni e fotografie-; ma il motivo più serio – perchè non voglio negare che in fondo siamo tutti egoisti – l’hanno espresso meravigliosamente le donne che aspettavano il primo corteo all’ingresso dei Giardini Margherita con uno striscione di tulle rosso: ci riguarda tutte.

bologna pride - ci riguarda

Poichè si parla di autodeterminazione, di libertà dell’individuo, di libertà nel gestire il proprio corpo e la propria vita, libertà dalla morale dominante, indipendenza da ogni chiesa… poichè è ancora di questo che si parla – dopo 40 anni dal ’68 – la cosa ci riguarda. Ci riguarda tutte (e tutti, certo), in prima persona.

Così mi piace pensare di aver contribuito a dare una spintarella alla nostra società, per farla finalmente transitare verso un mondo più capace di gioire della multiformità della vita  – e non limitarsi a tollerarla come una mosca in cucina. Abbiamo, insomma, seminato un po’ di buoni propositi.

E riuscire a fare tutto questo con una grande festa, poi…. beh, è una soddisfazione!

scorrete lacrimeBologna è la città più pericolosa dell’universo. Se per caso qualcuno fosse riuscito a rimanere immune all’insistente propagazione di non-notize a questo riguardo, provvedo io a sollevarlo dalla sua momentaneamente felice condizione. Tutti ne sono ormai conviniti, persino coloro che ci abitano: probabilmente quando camminano per strada vedono proiezioni di avvenimenti a sfondo delinquenziale, impresse dall’efficiente sistema non-giornalistico in un luogo tra l’occhio e il cervello e attivate contestualmente alla percezione delle strade bolognesi dall’incessante mormorio della suggestione collettiva autoindotta. Io devo essere priva di qualche neurone perchè continuo a non vedere il suddetto pericolo, ma immagino sia un difetto mio.

E siccome la città è pericolosa, pericolosissima, è necessaria una reazione di ferro. Inflessibile. Lungimirante. E’ per questo che il nostro sceriffo – pardon, sindaco – si ispira, per governare, al meraviglioso mondo futuro descritto da Philip Dick in alcuni suoi racconti inediti, fortunosamente rintracciati dallo studioso Francesco Maria De Collibus e tradotti da un gruppo di volenterosi facenti capo al centro culturale Crash e coordinati da Valerio Evangelisti.

In questi 14 racconti le soluzioni proposte sono molteplici: sostituzione degli scomodi ed imprevedibili esseri umani con più efficienti e legali alieni, desertificazione della città (i morti non delinquono), teletrasportatori per smaterializzare verso un universo parallelo i disturbatori, l’istituzione di protette città commerciali governate dal vangelo del consumo, la dotazione di pistole al pepe nero alla polizia, la costruzione di una cupola blindata a protezione della città, la realizzazione di vaporizzatori in grado di cancellare automaticamente chi accenni a comportamenti non consoni, l’istituzione di una polizia precrimine (e qui Dick ricicla chiaramente un’idea già usata, sarà per questo che ha mantenuto inediti questi racconti?).

Fra richiami ad altri punti della sua opera, citazioni ed omaggi ad altri autori di fantascienza (anche a lui posteriori, ma, si sa, Dick era un visionario) e un’incredibile preveggenza nel figurarsi le condizioni sociali che si sarebbero venute a creare parecchi decnni più tardi in un paese tanto lontano dal suo, Dick ci regala con questo tardo volume una ricca panoramica del proprio universo, e un sacco di idee per amministrare una città all’insegna della modernità e della sicurezza. Per quanto i racconti sembrino finire per lo più in modo vagamente inquietante… ma sarà di certo un mio errore di lettura.